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La Pietrasanta e il Montezemolo

pubblicato su Il Futurista nel blog Polis, Policy, Politics

Sabato scorso, mentre a Pietrasanta Futuro e Libertà avviava la due giorni destinata a innescare il secondo tempo della sua vita politica, contemporaneamente la fondazione Italia Futura affidava a un editoriale firmato da Nicola Rossi, Carlo Calenda e Andrea Romano la riflessione sui programmi e i progetti necessari a riformare il nostro Paese.


Una coincidenza assolutamente sospetta visto che a collimare non sono stati solo i tempi d'uscita, ma sostanzialmente anche le analisi e gli impulsi espressi da Gianfranco Fini all'interno della convenzione e dal terzetto vicino a Montezemolo nel suddetto articolo.


Se il presidente della Camera - nel corso dei suoi interventi - ha parlato della nuova fase politica come di un mare aperto e del Nuovo Polo come di un luogo di incontro delle migliori tradizioni politiche (nazionale, liberale, cattolica, repubblicana, liberalsocialista) della storia italiana, affermando la necessità che si avvii presto una fase costituente, la fondazione del presidente della Ferrari ritiene che sarà necessario "ricomporre un ampio fronte politico e culturale intorno a un progetto per il paese capace di dare rappresentanza a milioni di cittadini", esorta pertanto ad "aprire un cantiere per la costruzione di un fronte liberale e democratico" capace di "raccogliere consensi oltre gli steccati tradizionali degli schieramenti della seconda Repubblica e le nostalgie delle Prima".

Dunque, mentre nella cittadina delle fonderie artistiche Futuro e Libertà si impegnava a costruire lo stampo della proprie effige, Italia Futura apriva un cantiere con i suoi capimastri: due opere che, seppur diversamente declinate, l'una più politica, l'altra più tecnica, sembrano far parte di un'ingegneria politica condivisa e preludere a un dialogo che nei prossimi mesi, dopo le amministrative, dovrebbe farsi più serrato.


Sembra una definitiva scelta di campo per Luca Cordero di Montezemolo, che dalla costituzione della sua Italia Futura, sempre più attiva e radicata sul territorio, si è posto come interlocutore di una società civile liberale e riformista desiderosa di modernizzare il Paese e ricostruirlo dopo le degenerazioni della Seconda Repubblica. Scelta che sembra trovare conferma nell'altro elemento di assoluta novità della vulgata montezemoliana, come si evince dall'editoriale della triade di saggi: la bocciatura senza appello dei principali partiti che hanno caratterizzato l'attuale sistema politico.

Il Partito Democratico viene accusato di essere rientrato nell'ortodossia socialdemocratica, insensibile alle "esperienze che hanno visto la sinistra europea più innovatrice governare economie complesse e aperte al mercato". Il partito di Bersani è arroccato "nel tradizionale pregiudizio verso il benessere" , nella "paura del futuro" e nella "richiesta di protezione dalle incognite scatenate dalla crisi", vede quale causa della crisi economica italiana la "globalizzazione liberista e gli eccessi del mercato", rivendica un ruolo centrale della spesa pubblica e sostiene "il ritorno del ruolo dello Stato in economia".
Ma Romano, Calenda e Rossi non sono meno teneri con l'ultima maggioranza che resse il governo Berlusconi, reo di non essersi aperto alla globalizzazione e di non aver scommesso sulle potenzialità italiane per la crescita a causa dei "regionalismi leghisti" e delle "pulsioni neo-stataliste e dirigiste di una parte del PdL". Il risultato, concludono gli editoriali di IF, "è stato tra l’altro il fallimento del messaggio del 1994".

Analisi assolutamente condivisibili che sembrano uscite proprio dal perimetro di Futuro e Libertà, il cui secondo tempo sembra stia trovando un nuovo autorevole partner con cui costruire il progetto di modernizzazione dell'Italia e tenendone a bada eventuali derive personalistiche.

Tocca ora a Gianfranco Fini e agli altri leader del Polo ancor privo di un nome aprire il fatidico cantiere, avviare i lavori e soprattutto costruire la nuova casa. A indossare soltanto il caschetto da operaio edile, come si è visto, è capace qualunque pagliaccio.

p.s. Non si è fatta attendere la reazione dalle colonne dell'Unità, organo ex PCI e oggi giornale del Partito Democratico, in cui l'agenda di riforme suggerita dai montezemoliani viene definità demodé: abbassamento della pressione fiscale sulle imprese, mobilità in uscita (bollata come "licenziamenti"), ridimensionamento del perimetro dello Stato e vincolo di destinazione delle risorse reperite dall'evasione per abbassare le tasse sono dimostrazioni di insensiblità per gli ortodossi della socialdemocrazia, visto che non si parlerebbe infatti di destinare spesa pubblica in ospedali, scuole e asili nido. Ricette già viste ai tempi di Reagan e Tatcher secondo l'autore dell'articolo e che dal 2007 sono la causa della peggiore crisi economica dagli anni trenta.
Controreplica di Carlo Calenda, che riassume per minus habens la piattaforma programmatica già chiaramente espressa, rifiutando indignato la patente di "reaganiano" affibbiata a Italia Futura dall'Unità. Mah...

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